Si
è concluso sabato il 68 esimo Festival di Sanremo, meglio definirlo il festival
della canzone italiana, rimarco questa dicitura perché finalmente dopo anni di
ospitate di inutili stranieri Claudio Baglioni ha preso alla lettera l'origine
della kermesse.
Un
Festival dei record, per la prima volta dopo tanti anni ha messo d'accordo
critica televisiva e telespettatori un compromesso storico che mancava ormai da
una ventina d'anni.
Non
è però tutto oro quello che luccica in casa Rai, se l'intuizione del cantante
di "Questo piccolo grande amore" ha portato successo è merito
esclusivo del cantante romano, non certo di mamma Rai che da anni non produce
più conduttori in grado di fornire una rendita duratura per questa
manifestazione, un peccato originale da colmare quanto prima.
Veniamo
alla manifestazione canora, Baglioni ha come ho detto sopra, riportato senza
retorica la musica al centro dello spettacolo, l'ha fatto con canzoni che forse
non andranno in rotazione in radio in continuazione, ma ha portato la tanto
sperata qualità.
Finalmente
non è stato un Festival che ha strizzato l'occhio alle radio appunto, ma ha
viaggiato sul proprio binario della tradizione festivaliera, nessun inutile
giovanilismo, nessuna pomposità da talent, ma una sana e serie tradizione di
quella che qualche benpensante chiama "musica leggera".
A
dire il vero una canzone che è già in rotazione c'è ed è quella dello Stato
Sociale il gruppo bolognese ha saputo sfruttare l'intuizione della ballerina
anziana abbinandola ad una melodia di facile fruizione che ci terrà sicuramente
compagnia almeno fino all'arrivo della primavera, meritato il loro podio.
Veniamo
ai vincitori Ermal Meta e Fabrizio Moro, sono entrambi senza dubbio i parolieri
del momento, sanno scrivere bene ed in questa canzone l'hanno fatto abbinando
le loro qualità, personalmente non sono un patito di entrambi perché specie
Meta che ambisce ad essere un cantautore impegnato a mio avviso non ha
caratteristiche particolari ed uniche, gli va però riconosciuto un gran feeling
con la kermesse. Quanto a Moro sa scrivere bene, sa interpretare con grande
rabbia e tenacia qualsiasi brano, mi piacerebbe però ascoltarlo per una volta
con un brano meno sofferto e urlato, perché di talento ne possiede parecchio.
Annalisa,
faccia pulita, grande "canna", canta purtroppo brani scontati, molto
adatti ad un pubblico giovane (ossessione di tutti i Festival), ha più volte
detto che questo sarà il brano che taglierà con il passato, mi auguro di
sentirla interpretare brani più "alti".
Quarto
posto Ron con un bellissimo brano di Lucio Dalla, anche questa volta Rosalino
ha scontato a mio avviso l'essere troppo simile ed in ombra nei confronti del
grande Lucio. Ha avuto tra le mani un bel brano, non tra i capolavori di Dalla,
ma anche solo l'idea che fosse un inedito lo faceva diventare tale, ha
sfruttato al meglio l'interpretazione, sicuramente ha ottenuto il massimo.
Personalmente
non avevo una classifica, però riascoltando con attenzione i brani meritano una
menzione speciale Max Gazzé con la sua soave e profonda "La leggenda di
Crisalda e Pizzomunno" e la canzone di Luca Barbarossa, che strizza
l'occhio alle melodie romane di Romolo Balzani con "Passame er sale"
canzone molto ben scritta ed interpretata altrettanto bene.
Il
resto ho apprezzato il ritorno "gridato" delle Vibrazioni, da loro mi
attendo più che una singola canzone un album ben elaborato con suoni anni '70
come solo loro sanno fare.
Male,
anzi malissimo Facchinetti e Fogli, la quota "eravamo tanto famosi"
non può far cadere nel baratro due pezzi da novanta come loro, avrebbero dovuto
aver il pudore di gettare la spugna con dignità.
Meno
peggio Canzian, sicuramente più a spasso con i tempi degli altri due ex Pooh.
Discorso
a parte Giovanni Caccamo, a me il suo modo di cantare non piace, stona, soffia,
sussurra ma senza darmi un minimo d'emozione, è entrato sulle scene musicali
come grande promessa, ma non vorrei rimasse un grande annuncio..
Diodato
e Roy Paci coppia insolita, verrebbe da dire strana coppia, hanno cucito una
bellissima canzone, merita un ascolto più attento.
E'
stato il Sanremo della terza, se non quarta età, non poteva mancare Ornella
Vanoni la quale ha interpretato un brano non tra i migliori della sua carriera,
ma l'ha interpretato con la sua sana "superbia", meravigliosa quando
all'1 di notte mentre ritirava il premio "Sergio Endrigo" stralunata
si domandava che premio fosse. Aliena!
Peccato,
ed aggiungo peccato per l'addio, anzi "Arrivedorci" di Elio e le
storie tese, dalla band milanese ci saremmo aspettati una scimmia che balla
insieme ad un'anziana ballerina ed invece un brano scontato oserei dire inutile
nella loro ricca e preziosa discografia, ripeto, peccato.
I
giovani in questo Festival in cui l'età era abbastanza alta non hanno brillato
molto, il vincitore aveva sì un bel brano, un gran testo, ma nel complesso non
sarà un'edizione da ricordare per i giovani.
Quanto
ai due cooconduttori la Hunziker a questo punto merita un'edizione da unica
conduttrice, è bella, elegante, brava, mediamente intonata e a differenza di
molti a me il suo essere sempre sorridente e positiva mi mette tanto di buon
umore, fossi un dirigente Rai, una proposta per il futuro la presenterei.
Su
Favino si sono espressi tutti, è stato un grandissimo comico, attore impegnato,
cantante, interprete, è stato tutto, peccato che il mondo dello spettacolo
abbia dovuto aspettare Sanremo per accorgersene.
Non
so se Baglioni accetterà l'edizione 2019, certo visto l'auditel solo un non
conduttore come lui potrebbe bissare, però dopo un successo clamoroso sarebbe
sciocco puntare su un salto nel vuoto.
Unico
consiglio un po' più di entusiasmo durante la proclamazione del vincitore e
magari un paio di canzoni in meno, tutto sommato comunque il Festival scorreva
molto bene, anche questa volta sul palco sono mancati i fiori, considerando che
però era una bellissima scenografia, un'orchestra degna di nota, visti tutti
questi graditi ritorni per la prossima edizione c'è solo da sperare in bene.